I nostri futon

I nostri futon

mercoledì 27 giugno 2012

Arrivederci 日本!!

Un armadio vuoto, dei futon piegati, bagagli pronti, tavolini sgomberati. Questo è quello che vedo se alzo la testa mentre scrivo. E' proprio arrivato il momento della partenza. Inutile dire che siamo tristi come la birra analcolica (cit.). La verità è che, se potessimo, torneremmo in Italia per salutare un po' di gente, ingozzarci di pizza, cambiare guardaroba per poi tornare allegramente in Giappone e riprendere la vita che abbiamo fatto finora. Ma non si può, quindi dovremo tornare in Italia e restarci.
Non siamo tra quelli che pensano che il Giappone sia un Paradiso e che l'Italia sia il peggior posto al mondo in cui vivere. Sappiamo che anche il Giappone ha i suoi lati negativi (di alcuni ne abbiamo parlato negli scorsi post) e abbiamo sempre cercato di guardare con obiettività ogni singolo aspetto. Ma nonostante tutto, per quanto breve sia stata questa esperienza, questo spaccato di vita ci è molto piaciuto.
Torniamo con la consapevolezza di aver fatto qualcosa che ricorderemo per sempre, di essere migliorate tantissimo e di aver conosciuto una nuova faccia di mondo che prima potevamo solo immaginare, ma che adesso abbiamo avuto modo di sperimentare con mano.
Ci mancheranno le persone che abbiamo conosciuto e che speriamo di poter rivedere prima o poi.
Ci mancherà il nostro ristorante preferito di katsudon dove tornavamo anche per la simpatia della signora che ci serviva e di cui conoscevamo a memoria i turni di lavoro.
Ci mancheranno i giovedì sera di baldoria al solito pub con la combriccola di italiani e giapponesi rumorosi che affollavano il tavolone al centro della sala.
Ci mancheranno i konbini aperti 24 ore al giorno che non impediscono di avere fame ad ogni ora senza curarsi del fatto che "il supermercato adesso è chiuso e non ho niente nel frigo!".
Ci mancheranno i negozi 100 yen (che ho svaligiato senza ritegno in questi tre mesi) dove si poteva trovare di tutto e di più: dai quaderni, ai piatti, alla salsa di soia, ai cappellini per fare party vari.
Ci mancheranno i mezzi giapponesi, sempre puntuali, mai eccessivamente affollati, che non fanno venire l'ulcera perforata per l'attesa e il nervosismo conseguente.
Ci mancherà il cibo e tremiamo all'idea di entrare in un ristorante giapponese uscendone con il portafoglio svuotato ed essendoci accontentate del solito sushi (in Giappone c'è molto, molto di più!).

Sono stati tre mesi intensi e sicuramente ci hanno arricchito di esperienza. Per questo motivo speriamo di poterci tornare al più presto.
Nel frattempo ci prepariamo a un intero giorno di aerei e check in.
みんなさんさようなら!

sabato 16 giugno 2012

Se un piatto di spaghetti può spiegare chi sei.


Oggi vorremmo rendervi partecipi di una riflessione nata durante il pranzo.
Abbiamo preparato dei classici spaghetti al pomodoro (anche perché gli scarsi mezzi ci impediscono di ambire a espressioni culinarie più elaborate, sigh!).
Facevo notare a Amy che senza accorgermene ho iniziato a mangiare gli spaghetti come fanno i giapponesi con i soba o con i ramen, ovvero tirandone su un ciuffetto (nel loro caso con le bacchette) e succhiandoli, invece di attorcigliarli intorno alla forchetta. In questo modo il pasto si esaurisce più rapidamente perché si evita tutto il lavoro che si fa usando la forchetta. Questa differenza è un punto di partenza per capire anche il valore diverso che Giapponesi e Italiani danno al cibo e alla pausa-pranzo (secondo le nostre osservazioni).
Amy mi ha giustamente fatto notare che anche il semplice modo di mangiare (non solo COSA mangiare, ma il MODO) può essere una chiave di lettura di un popolo.

Il pomeriggio, dopo lezione, spesso ci fermiamo in qualche ristorantino a mangiare e ci dilettiamo ad osservare il comportamento dei giapponesi e fare le nostre deduzioni sociologiche a riguardo (riteniamo faccia parte del viaggio anche questo).
La più usuale delle immagini è quella di uomini soli che entrano, ordinano, mangiano (rumorosamente) e scappano via nel giro di 10 minuti cronometrati. È raro vedere la stessa situazione al femminile (anche su questo ci siamo interrogate, ma è un’altra storia).
Tutti hanno sempre una gran fretta, spesso schiacciati dagli impegni di lavoro.
Sembra che il pasto non sia un piacere, ma un semplice rito di sopravvivenza, e mentre noi assaporiamo ogni singolo chicco di riso, vediamo decine di persone che mangiano distrattamente, leggendo il giornale o peggio ancora stando attaccati ai loro cellulari tutto il tempo, ignorando quasi totalmente la cordialità delle cameriere e spesso senza neanche salutare quando vanno via.
Questo si ricollega alla nostra riflessione di oggi.
Per gli Italiani il momento del pasto è un momento di riposo, di distacco dal lavoro o da qualsiasi altra attività. Inoltre è quasi sempre un’occasione di aggregazione, durante cui ci si riunisce con la famiglia, o un modo per incontrarsi con gli amici. Se si mangia soli è perché si è costretti e non certo per estraniarsi dal mondo. Il momento del pranzo è sacro, diventa una parte fondamentale della giornata e spesso ne scandisce i ritmi. Ci si prende tutto il tempo che serve, si chiacchiera, si gusta il pasto nella sua interezza (basta andare a mangiare da una qualsiasi nonna per capire cosa intendo). Di conseguenza viene data molta importanza al cibo, al modo di cucinare e ai tempi di preparazione. Anche il meno esperto sa che esiste il connubio vino bianco-pesce/vino rosso-carne. Non vi è da stupirvi invece se un giapponese, dopo aver scrutato attentamente la carta dei vini, decida di deliziarsi con un bicchiere di Chardonnay accompagnandolo a un piatto di patatine fritte e ketchup. Roba da rimanerci tra il basito e l’inorridito. Ma tant’è.
Sia chiaro, non vogliamo fare un discorso sulla qualità del cibo. Adoriamo la cucina giapponese. Il discorso mirava a puntualizzare il diverso valore dato al cibo. Tutto il resto dipende ovviamente da un’ovvia divergenza di gusti tra culture così diverse.

Un discorso a parte va fatto per le famiglie che escono a mangiare insieme. C’è una differenza ancor più abissale.
In Italia se si entra in una pizzeria il sabato sera intorno alle 9, se ne uscirà storditi: bambini che corrono intorno ai tavoli, mamme che gridano intimando loro di stare buoni ma senza successo, altri bambini che piangono, forchette che cadono, vociare continuo. Il quadretto è più o meno questo.
In Giappone invece pare facciano il gioco del silenzio. Sono seduti intorno allo stesso tavolo, ma è come se fossero estranei. Tutti con la testa china sul cellulare o intenti a guardare il niente, persi in un mutismo imbarazzante. Non si comunica, né tra genitori e figli, né tra genitori stessi. Sembrano totalmente alienati.
Se invece si va in un izakaya, un pub, la situazione sarà capovolta. I salary men appena usciti da lavoro si daranno al divertimento alcolico coi colleghi durante presunte “cene di lavoro”. Risultato: alle 10 di sera sono già tutti k.o. Reggere l’alcol non è certamente il loro punto forte.

I Giapponesi ci danno sempre più l'idea di essere un popolo bizzarro e mooolto contraddittorio per certi versi.

lunedì 11 giugno 2012

"Ma tanto c'è il wi-fi ovunque!"


Chi ha detto che il Giappone è il Paese della tecnologia?
Non abbiamo mai avuto così tanti problemi con internet in vita nostra!
“C’è il wi-fi dappertutto!” Ma neanche per sogno! abbiamo girato come cani randagi in cerca di cibo per una settimana tra caffetterie e luoghi pubblici vari per scroccare la rete da qualche parte, ma alla nostra domanda "si può usare il wi-fi?" la risposta è sempre stata una sola: ない! Ovvero "non c'è".
Ecco che ci ritroviamo senza contatti col mondo in attesa che la connessione abbia pietà di noi e torni a farci compagnia.
Al disgraziato evento si aggiunge anche la nostra mancanza di altri mezzi tecnologici per comunicare col mondo o almeno far sapere che siamo vive. Niente cellulari di ultima generazione con cui connetterci a internet all’occorrenza (ci piacciono così tanto i tasti e i vecchi modelli arcaici che non ci siamo volute arrendere al touch screen e tutte le altre diavolerie di cui non sappiamo neanche il nome).
Morale della favola: scrocchiamo la rete da scuola e siamo diventate campionesse mondiali di Solitario e simili.
Ecco il motivo per cui il blog ultimamente piange e non ci sono stati nuovi post.
In breve e in attesa di una connessione più stabile, ecco le ultime notizie dal Giappone:

-è ufficialmente cominciata la stagione delle piogge, per la gioia delle nostre scarpe e dei miei capelli. Di mattina splende il sole, appena due ore dopo c’è bisogno di sciarpa e ombrello. Quando torniamo non vogliamo sentire italiani che si lamentano del troppo caldo. Non sapete che daremmo per goderci una giornata spaparanzate sull’erba di un parco.

-la nostra RUMOROSA vicina di stanza cammina ogni giorno di più sul filo del rasoio, la nostra pazienza si sta esaurendo e la mia ira funesta si farà presto sentire se non la smette di ragliare ogni notte fino alle 3.

-le lezioni stanno finalmente volgendo al termine. Ci sentiamo come i ragazzini delle scuole medie che vedono con profonda felicità l’arrivo di Giugno. Il fatto è che questi tre mesi di lezioni sono stati più intensi di un intero anno di università. La ragione sta nella struttura dei corsi: si assicurano che studi quotidianamente, proponendo test strategici ogni settimana per verificare determinate parti di programma. E poi ci sono il kanji tesuto e il dettato ogni mattina in modo che lasciare indietro un argomento diventi cosa impossibile. C’è anche da dire che i professori son sempre lì a chiederti ogni pelo della tua vita, annotando dettagliatamente ogni particolare. Se un giorno si manca a lezione, bisognerà inventarsi qualche buona ragione perché il giorno dopo arriverà sempre la domanda “come mai non eri a scuola ieri?”. Il semplice “mi sono svegliato tardi” oltre che poco gentile sarebbe anche inconcepibile per questo popolo di stacanovisti cronici.

Di cose ce ne sarebbero da dire tante, ma per il momento mi fermo qua, con la speranza di poter riaggiornare il più presto possibile.
Adesso ci attende una nuova entusiasmante lezione (per chi ne fosse a conoscenza, l’argomento del giorno è il CAUSATIVO. Urla di giubilo da questa parte di globo!)

PS: Oggi è il compleanno di Amy e quindi 誕生日おめでとう!!! Per l’occorrenza è previsto un party con molti invitati. Vi aggiorneremo anche su questo :D

martedì 8 maggio 2012

Golden Week!

Purtroppo per noi domenica scorsa è giunta al termine la nostra Golden Week.
La Golden Week è una delle poche settimane concesse ai Giapponesi per andare in vacanza. Ogni giorno si susseguono feste diverse (la festa della Costituzione, la festa dei bambini e via dicendo). Molte aziende chiudono, permettendo ai propri dipendenti di concedersi una meritata pausa e anche le scuole si fermano per l'occasione. Solitamente le città si svuotano e i Giapponesi ne approfittano per viaggiare. C'è chi lascia l'arcipelago alla volta di lidi lontani, chi sceglie di andare in Hokkaido a godersi l'ultimo spettacolo dei sakura che sfioriscono, chi opta per il più mite e soleggiato Kansai e chi preferisce rilassarsi alle terme.
In ogni caso, la settimana è all'insegna del relax e del divertimento.
Come hanno impegnato la loro Golden Week Maira ed Amy?
Noi abbiamo deciso di fare le turiste, armarci di cartine, recuperare un po' di spirito di avventura e visitare alcuni dei più rinomati luoghi del Giappone.

TAPPA 1: Kyoto e Kinkakuji

All'alba di domenica abbiamo abbandonato la nostra casuccia e ci siamo recate alla stazione di Tokyo. Di qui abbiamo vissuto l'esperienza di prendere il tanto decantato Shinkansen. Cosa sono gli Shinkansen? Trattasi dei treni ad alta velocità giapponesi. Avete presente i discorsi tutti italiani Tav/No Tav, Frecciarossa superfaighi alè alè e chiacchiere varie? Metteteli da parte, questo è un altro mondo! Questi treni sono davvero ad alta velocità e sono talmente comodi che la sottoscritta non ci ha messo molto a tornare tra le braccia di Morfeo e riaprire gli occhi solo una volta arrivata a destinazione.
Inoltre le partenze dei treni sono frequentissime, e se sul tabellone vedete scritto che il prossimo è previsto per le 7.11, potete stare certi che a quell'ora il treno prenderà il via senza attendere un secondo di più. Analoga storia per gli arrivi, mai un ritardo. Sulle banchine di accesso sono segnati i punti esatti in cui le porte del treno si apriranno e tutti si mettono ordinatamente in fila prima dell'apertura. Non esistono risse per chi deve salire prima, non è contemplata l'idea di rimanere in piedi per tutta la durata del viaggio ammassati come le sardine. Tornare a Roma e ricominciare a usufruire dei simpatici mezzi Atac che un giorno ti lasciano a piedi e l'altro pure sarà traumatico. Ma questa è un'altra storia e ci penseremo a tempo debito :)
Arrivate a Kyoto ci siamo imbattute nel primo dei nostri problemi da turiste in Giappone: l'incontro tra il nostro giapponese tutt'altro che fluente e la pessima (se non inesistente) conoscenza dell'inglese dei Giapponesi. Risultato: riusciamo a farci capire usando due parole in giapponese, due parole in inglese e l'infallibile metodo "gesticola teatralmente" tipicamente italiano.
Il primo giorno di permanenza a Kyoto l'abbiamo dedicato, tra le altre cose, alla visita del meraviglioso Kinkakuji, il "Padiglione d'Oro", all'interno del complesso Rokuon-ji. La sua costruzione risale alla fine del 1300 e la particolarità è che la struttura è interamente ricoperta di oro in foglia. Siamo rimaste particolarmente estasiate dalla visione di questo padiglione. Le immagini parlano da sé.


A Kyoto abbiamo anche avuto la possibilità di visitare la zona che si estende dal Kiyomizudera, tempio buddhista risalente all'epoca Heian e ora patrimonio dell'UNESCO, fino al quartiere Gion. Tale quartiere sarà noto ai più perché è qui che sono state girate alcune scene del film "Memorie di una geisha". Infatti questo era un famoso quartiere di geishe, che prese vita davanti al tempio di Yasaka e che vedeva un susseguirsi di case da the e portici in stile giapponese.
Purtroppo abbiamo constatato che l'atmosfera di antico Giappone è stata un po' smorzata e ha lasciato traccia solo nei negozi di souvenir. Tuttavia, ci siamo deliziate nell'ammirare (e un po' invidiare) le donne avvolte in meravigliosi kimono.



TAPPA 2: Nara, i cervi e il Todaiji


Il nostro secondo tour l'abbiamo dedicato alla città di Nara.
Per una breve parentesi storica Nara è stata la capitale del Giappone.
Una delle attrazioni della cittadina è sicuramente il rinomato parco, in cui 1200 cervi passeggiano liberi e con i loro occhietti dolci cercano di intenerire i visitatori, riuscendo nel loro intento di ottenere biscottini gustosi dal passante di turno.
Proseguendo il nostro giro per la cittadina, ci siamo imbattute nel Todaiji, un tempio buddhista, il più grande edificio in legno al mondo, ricostruito più volte e che al suo interno ospita un immenso Daibutsu (14 metri di altezza) il quale ci ha lasciate particolarmente stupite per la sua maestosità, che incute riverenza e anche un po' di timore a primo acchito.



TAPPA 3: Nikko e i santuari Shinto


Dopo una pausa parzialmente forzata (causa maltempo), abbiamo ripreso i nostri giri quando la settimana stava ormai giungendo al termine. Venerdì mattina siamo partite alla volta di Nikko, splendida cittadina a Nord di Tokyo e particolarmente celebrata per i suoi santuari e per le bellezze naturali, in particolar modo le sue cascate e le sue sorgenti.
Purtroppo, la nuvola di Fantozzi, che ci ha volute accompagnare per ogni giorno della nostra settimana da turiste, non ci ha permesso di godere al meglio di questo gioiello incastonato tra le montagne e annoverato da molti come uno dei paesaggi più belli di tutto il Giappone.
Abbiamo potuto però passeggiare nel sentiero che costeggiava tutti i santuari e che conduceva a quello che forse è il più importante, il tempio Toshogu, che ospita anche il mausoleo dedicato a Tokugawa Ieyasu, uno degli shogun della storia giapponese.
Tornando sulla via della stazione per riprendere il treno del ritorno ci siamo ritrovate ad ammirare uno scorcio da cartolina; si trattava del ponte Shinkyo, che avrebbe la funzione di aprire la via dei santuari in modo particolarmente suggestivo (ma noi l'abbiamo scoperto alla fine perché ci piace agire al contrario :D).


TAPPA 4: Kamakura


La nostra settimana di vacanza si è conclusa sabato con la nostra visita a Kamakura.
Il Sole si è finalmente deciso a fare capolino e ci ha regalato una tiepida giornata primaverile che abbiamo cercato di godere al meglio.
Kamakura dista pochi chilometri da Tokyo e, complice il bel tempo e la sua prossimità al mare, sabato era piena di coppiette o famigliole felici pronte a rilassarsi e godersi il primo Sole di Maggio.
Inutile dire che il giro della città ha avuto come prima e più importante meta il celeberrimo Daibutsu che si trova all'interno del tempio Kotoku-in. Si tratta di un imponente statua in bronzo del Buddha Amida, che deve parte del suo effetto scenico, oltre che alla maestosità dell'opera d'arte in sé, anche alla sua posizione: infatti, a differenza del Daibutsu del Todaiji, questa statua si trova all'esterno del tempio, in una cornice che lo rende molto apprezzabile.
Anche in questo caso, le foto sapranno spiegare meglio delle parole.


La settimana dunque si è conclusa domenica (di nuovo pioggia, di nuovo reclusione forzata aggravata dalla stanchezza della settimana passata a trottare tra treni e autobus e sveglie a orari improponibili per quanto mi riguarda :D).
Concluso il nostro tour per il Giappone, nelle prossime settimane ci dedicheremo ad esplorare parti di Tokyo che ancora non abbiamo avuto modo di visitare.
Sicuramente vi terremo aggiornati dei nostri spostamenti.
Nel frattempo, oyasumi!

domenica 6 maggio 2012

Che lavoro fai? L'innaffiatore di strade ^_^


Salve a tutti gente!
 Ormai è passato un mese dal nostro arrivo in questo affascinante ma stravagante Paese e più i giorni passano più restiamo esterrefatte dalle molteplici sfaccettature di questo popolo. Sono molto gli aspetti bizzarri che destano in noi meraviglia e incredulità ma in queste settimane ci siamo dedicate in modo particolare allo studio approfondito dei mestieri (se così si possono definire).
Vi siete spesso posti la domanda del come mai in Giappone lavorino tutti e non ci sia disoccupazione?  Ebbene noi ci siamo fatte questa domanda molte volte e finalmente possiamo dire di aver trovato la risposta. Passeggiando tra strade colme di gente e bighellonando tra stazioni varie in attesa di treni abbiamo dedicato parte del nostro tempo all’osservazione di questi strani lavori. Il nostro è stato uno studio molto approfondito fatto di osservazioni, ricerche, foto rubate, figuracce sfiorate e alla fine con immensa gioia siamo liete di presentarvi il nostro lavoro.
Tra un onigiri e un frappuccino al macha sono uscite fuori una serie di categorie molto interessanti che ci piacerebbe condividere con voi. Siete pronti a farvi due risate??? Allora 始めましょう, cominciamo …

L’IMPALATO: dicasi di omino/donnina “impalato” davanti ad un posto a fare la guardia e gli inchini al nulla. E’ sicuramente la categoria più numerosa che implica una serie di sottocategorie:
-        -  Impalato dei lavori in corso: di solito lavorano in coppia quando ci sono lavori sulle strade. Mentre altri operai gettano cemento o asfalto costoro si inchinano ai passanti che senza il loro saluto potrebbero offendersi.
-        -  Impalato del semaforo: omino che svolge le stesse funzioni del povero semaforo dirigendo il traffico di veicoli e pedoni. Di solito lavora da solo ma in casi estremi è possibile trovarne anche in gruppi da quattro. Ma a cosa serviranno mai?? Questo punto è ancora in fase di approfondimento.
-         - Impalato dell’angolo: omino ubicato agli angoli dei quartieri che per gran parte della giornata augura il buon giorno ai passanti che buttano la spazzatura sotto casa.




LA STRILLATRICE/LO STRILLATORE: dicasi di ragazzo/ragazza dalla voce stridula che all’ingresso dei negozi urla cercando di attirare clienti a suon di “irasshaimaseeeeen” (benvenuti) ma che a nostro parere non fa che allontanarli. Le donne di questa categoria sono dotate di voci particolarmente stridule. Faranno dei corsi appositi o dei provini per assumerle? Lo scopriremo.
Prerequisiti richiesti: voce stridula.


LA SCOTCHMESSA: qualsiasi commesso/a che al momento del pagamento di un prodotto vi pone sopra un pezzo di scotch. Inizialmente abbiamo pensato che venisse posto per aiutare il cliente a richiudere la confezione una volta aperta. Ma nel momento in cui una commessa ha messo un pezzo di questo scotch sulla bottiglietta di pepsi cola la nostra tesi iniziale è crollata. Per chiudere la pepsi c’è il tappo quindi a cosa serve lo scotch?? Se riuscite a capirlo illuminateci perché noi non ci siamo ancora arrivate..:-)
Prerequisiti richiesti: abilità nell’attaccare scotch.

IL MUSICANTE METROPOLITANO: lavora sulle metro e il suo compito è quello di scendere ad ogni fermata, premere un pulsante che fa una musichetta diversa ogni volta, risalire. Ma qual è lo scopo di questo lavoro? Avvisare con la musichetta le persone che il treno è arrivato e sta per ripartire? Oppure intrattenere la gente con qualche melodia? Resta di fatto che ogni volta che usciamo dalla metro non riusciamo a toglierci queste musichette dalla testa che continuiamo a canticchiare allegramente (soprattutto Maira san).
Prerequisiti richiesti: …

PULITORI DI STRADE PULITE: spazzini dotati di vista acuta in grado di individuare anche il minuscolo pezzo di carta rimasto attaccato al pulitissimo marciapiede. In mancanza di cartacce (quasi sempre) si dedicano a spazzare le foglie o il nulla.
Prerequisiti richiesti: vista perfetta in grado di individuare minuscoli residui di sporcizia.


INNAFFIATORE  DI STRADE: omino in divisa dotato di innaffiatoio per piante che si diletta nell’innaffiare le strade troppo sporche. All’inizio ne abbiamo visto uno e abbiamo pensato che innaffiasse le piante. Ma dopo molteplici avvistamenti  abbiamo capito che in Giappone si innaffiano anche le strade e questo è un vero e proprio lavoro.
Prerequisiti richiesti: possedere un innaffiatoio possibilmente dotato di faccette buffe.


Bene gente, per adesso la lista dei mestieri termina qui. Ma non temete, le nostre ricerche continuano e torneremo con nuovi aggiornamenti al più presto. Perché una cosa è certa: il Giappone non finirà mai di stupirci!!

lunedì 23 aprile 2012

Settimana 2: la solitudine degli starnuti evitati

Col sottofondo delle colonne sonore dei film di Miyazaki (e altro intrattenimento sonoro minuziosamente scelto da Amy che in preda ad un attacco nostalgico è voluta tornare all'infanzia), mi accingo ad aggiornare il blog.

Sono passati ormai 20 giorni dal nostro arrivo a Tokyo e le sensazioni iniziali stanno lasciando posto a un graduale abituarci ai ritmi della metropoli. Iniziamo a trovare meno strani i comportamenti giapponesi e guardare tutto con un sorriso, anche se molti punti interrogativi permangono.

La settimana è volata tra lezioni, giri improvvisati a Shibuya (primo caffè VERO e BUONO dopo 20 giorni di astinenza che, per una coffee-addicted poco incline alla guarigione quale la sottoscritta, sono davvero troppi) e malanni passeggeri dovuti allo sbalzo termico tra ambienti interni e gelo esterno. Infatti:

1) Arrivate ad Aprile ci aspettavamo di trovare una Primavera andante, non un ritorno a cielo grigio, umidità perenne, pioggia fine e triste inverno, come se fossimo intrappolate in una Londra d'Estremo Oriente.
2) I Giapponesi dovrebbero imparare a regolare bene i termostati, perché si passa dai 50 gradi di negozi, bar e luoghi chiusi in generale al freddo umido esterno.

Per farla breve, anche soggetti poco cagionevoli come noi sono stati accalappiati da tosse e raffreddore estremi. La cosa sembra in effetti ininfluente e non si capirà il motivo per cui sto dedicando troppo tempo alla questione. Sveliamo l'arcano. La cosa mi serve come spunto per parlare di un'altra peculiare abitudine tutta giapponese. Infatti pare che qui starnutire in pubblico e soffiarsi il naso siano atti malvisti e da evitare. Chiedo perdono per l'argomento poco interessante e molto "terreno", ma il doversi adeguare a questa strana convenzione è per noi estremamente limitante a livello pratico nella vita quotidiana.
Come ovviano i Giapponesi al problema "raffreddore"? E' subito detto.
Sarà a tutti nota la scena dei tanti omini che girano a proprio agio con la mascherina sul viso per evitare di intaccare germi indesiderati a interlocutori o vicini di metro. Nei negozi si trovano mascherine di tutti i tipi, da quelle semplici di un banale bianco a quelle colorate e decorate con cuoricini, stelline, farfalline, fiocchetti, coniglietti, gufetti e qualsiasi altra cosa di - passatemelo - opinabile gusto estetico, che possa attirare uno stridulo kawaii all'occorrenza. Per loro è quasi la normalità, e sono arrivata a chiedermi: è reale necessità, rispetto verso il prossimo o semplice ipocondria?
Qualsiasi sia la risposta, noi stiamo ancora cercando di trovare un modo per non sentirci così in imbarazzo per un misero e innocuo starnuto. Stay tuned per aggiornamenti :)

Arrivata finalmente la domenica, ci siamo concesse la nostra gitarella settimanale alla scoperta dei vari quartieri di Tokyo. Questa settimana è stato il turno di Asakusa. Asakusa è uno dei quartieri che finora ci è piaciuti di più. E' molto diverso dal caotico e modernissimo centro città e qui si può avere un assaggio per qualche istante del Giappone più tradizionale, quello che a Tokyo non ci si aspetterebbe di trovare ma che invece è ancora ben annidato nei villaggi e nelle città più piccole.
Abbiamo avuto modo di vedere donne in kimono e di respirare un'aria più tranquilla e pacata, passeggiando all'interno del più antico tempio buddhista di Tokyo. Il kaminarimon ci ha accolte insieme alla sua lanterna gigante (che, grazie al nostro amico giapponese Aki, abbiamo scoperto essere firmata nientepopodimenoche dal signor Panasonic - incongruenze di questo bislacco Giappone).


Oltrepassato il kaminarimon, si apre di fronte a noi una strada costeggiata dalle bancarelle più disparate che vendono vestiti e scarpe tradizionali, ventagli, bacchette, stampe, cibo e dolci tipici. Non si sa dove guardare per la varietà di articoli che ci fanno impazzire, e mettere mano al portafoglio non è affatto difficile. Infatti ne abbiamo approfittato per fare qualche acquisto en passant.

Arrivata ora di pranzo, abbiamo finalmente provato l'okonomiyaki e, come da programma, ce ne siamo innamorate!
Di cosa si tratta? In soldoni, è un impasto fatto di uova, farina e pezzi di cavolo a cui vengono aggiunti carne o pesce a piacimento, zenzero rosso e altre verdurine. Il tutto viene riversato su una piastra posta al centro del tavolo e cotto come se fosse una frittata. A fine cottura si guarnisce con salse varie, pesce essiccato e alghe sminuzzate. Restare insoddisfatti è impossibile! Infatti anche adesso che è ormai l'1.21 locale, se ci venisse offerto, non credo rinunceremmo!
Purtroppo però, lasciamo questo soave pensiero per costringerci a dormire, perché domani mattina ci aspetta il difficile risveglio, il tentativo di abbandonare il caldo e accogliente futon, il ripasso dei kanji e il viaggio verso la scuola.
Per cui みなさんお休みなさい! (Buona notte a tutti!)

lunedì 16 aprile 2012

Settimana 1: Approdo e Adattamento.

Konnichiwa!
Iniziamo salutando tutti dal nostro stimatissimo futon. Che cos'è un futon? Per chi non ne fosse a conoscenza, trattasi del tipico letto giapponese, posizionato direttamente sul pavimento.
Spieghiamo subito il titolo del blog; qui in Giappone viviamo in una simpatica casetta a due passi da Shinjuku. La nostra camera non ha nessun oggetto d'arredo fatta eccezione per due sedie, due tavolini (ma davvero -ini) e ovviamente i nostri preziosissimi futon. Per questo, quando siamo in casa, la maggior parte del nostro tempo lo passiamo qui ed è sempre qui che prendono vita le nostre riflessioni quotidiane su ciò che abbiamo visto o fatto nel corso della giornata. Per cui quando leggerete gli aggiornamenti di questo blog, immaginateci distese sul nostro bel materassino a picchiettare sulla tastiera del pc.

Dopo l'incipit esplicativo, passiamo al racconto vero e proprio di questa prima settimana nipponica.
Il modo migliore per definire l'impatto iniziale col Giappone è sicuramente "strano".
Occhi sbarrati a ogni angolo, nasi puntati all'insù per vedere dove finiscono questi immensi palazzoni svettanti verso il cielo, odori speciali per le strade, gente perennemente di corsa che ti mette fretta anche quando vorresti passeggiare tranquillamente.
Ciò che abbiamo capito durante questi primi giorni è che il Giappone è un Paese molto ambivalente e lo dimostra in tanti aspetti, più o meno incisivi, della vita quotidiana. Facciamo un esempio.
Se si entra nei treni della metropolitana non sarà raro percepire una situazione "ovattata", perché tutti sono in silenzio, evitano gli schiamazzi nel rispetto degli altri viaggiatori. Anche nei tipici ristorantini in cui si mangia al volo e spesso soli (aspetto che ci ha trasmesso un po' di tristezza), gli unici suoni che si sentono sono quelli delle bacchette poggiate sulle scodelle o del ramen che, per cultura, i Giapponesi mangiano molto rumorosamente. Tutto questo va ad opporsi al fragoroso mondo in superficie. Schermi giganti tartassano le teste dei passanti con la ripetizione alienante di canzoni pop, le commesse dei negozi "attaccano" letteralmente i clienti con i loro continui "irasshaimase!" fino a stordirli (almeno per quanto ci riguarda).
Il secondo fattore che ci ha fatto riflettere è il rapporto contrastato dei Giapponesi rispetto all'Occidente. Mentre camminiamo per strada cogliamo gli sguardi che, seppur fugaci e dimessi, sono sempre pronti a scrutarci perché siamo visibilmente delle non-giapponesi. Curiosità? Diffidenza? Una punta di disprezzo? Non lo sapremo mai. Tuttavia, camminando per le strade del centro non è difficile trovare giapponesi occidentalizzati in maniera estrema: capelli biondi, occhi chiari, dolci occhi a mandorla nascosti da trucco che disegna tratti non propriamente orientali. L'osservazione di questi strani personaggi (azzarderei definirli al limite del "grottesco") ci ha lasciato un po' sbigottite e con qualche perplessità.

Se si decide di visitare il Giappone, uno dei momenti migliori è certamente la Primavera. Il motivo principale sono i sakura. La fioritura e la conseguente sfioritura dei ciliegi si consuma nell'arco di pochissimi giorni, durante i quali si approfitta per organizzare hanami nei parchi che ospitano questi meravigliosi alberi. L'hanami consiste letteralmente nell'ammirare la sfioritura dei ciliegi, approfittando dell'occasione per bere, mangiare e divertirsi in compagnia. Anche noi abbiamo preso parte a questa bella tradizione nipponica partecipando ad un hanami che resta finora una delle migliori giornate trascorse a Tokyo. Sotto gli alberi di ciliegio i Giapponesi sembrano altre persone: il loro lato più serio e riservato lascia posto a toni più distesi e allegri. La parola d'ordine in questa occasione è divertirsi e i Giapponesi dimostrano di esserne degnamente in grado.

Queste sono solo alcuni degli aspetti che più ci hanno colpito del Giappone. Nel corso dei nostri tre mesi di permanenza avremo certamente modo di approfondirli e scoprire nuove particolarità del Paese del Sol Levante.
Nel frattempo... Oyasumi!