Un armadio vuoto, dei futon piegati, bagagli pronti, tavolini sgomberati. Questo è quello che vedo se alzo la testa mentre scrivo. E' proprio arrivato il momento della partenza. Inutile dire che siamo tristi come la birra analcolica (cit.). La verità è che, se potessimo, torneremmo in Italia per salutare un po' di gente, ingozzarci di pizza, cambiare guardaroba per poi tornare allegramente in Giappone e riprendere la vita che abbiamo fatto finora. Ma non si può, quindi dovremo tornare in Italia e restarci.
Non siamo tra quelli che pensano che il Giappone sia un Paradiso e che l'Italia sia il peggior posto al mondo in cui vivere. Sappiamo che anche il Giappone ha i suoi lati negativi (di alcuni ne abbiamo parlato negli scorsi post) e abbiamo sempre cercato di guardare con obiettività ogni singolo aspetto. Ma nonostante tutto, per quanto breve sia stata questa esperienza, questo spaccato di vita ci è molto piaciuto.
Torniamo con la consapevolezza di aver fatto qualcosa che ricorderemo per sempre, di essere migliorate tantissimo e di aver conosciuto una nuova faccia di mondo che prima potevamo solo immaginare, ma che adesso abbiamo avuto modo di sperimentare con mano.
Ci mancheranno le persone che abbiamo conosciuto e che speriamo di poter rivedere prima o poi.
Ci mancherà il nostro ristorante preferito di katsudon dove tornavamo anche per la simpatia della signora che ci serviva e di cui conoscevamo a memoria i turni di lavoro.
Ci mancheranno i giovedì sera di baldoria al solito pub con la combriccola di italiani e giapponesi rumorosi che affollavano il tavolone al centro della sala.
Ci mancheranno i konbini aperti 24 ore al giorno che non impediscono di avere fame ad ogni ora senza curarsi del fatto che "il supermercato adesso è chiuso e non ho niente nel frigo!".
Ci mancheranno i negozi 100 yen (che ho svaligiato senza ritegno in questi tre mesi) dove si poteva trovare di tutto e di più: dai quaderni, ai piatti, alla salsa di soia, ai cappellini per fare party vari.
Ci mancheranno i mezzi giapponesi, sempre puntuali, mai eccessivamente affollati, che non fanno venire l'ulcera perforata per l'attesa e il nervosismo conseguente.
Ci mancherà il cibo e tremiamo all'idea di entrare in un ristorante giapponese uscendone con il portafoglio svuotato ed essendoci accontentate del solito sushi (in Giappone c'è molto, molto di più!).
Sono stati tre mesi intensi e sicuramente ci hanno arricchito di esperienza. Per questo motivo speriamo di poterci tornare al più presto.
Nel frattempo ci prepariamo a un intero giorno di aerei e check in.
みんなさんさようなら!
I nostri futon
mercoledì 27 giugno 2012
sabato 16 giugno 2012
Se un piatto di spaghetti può spiegare chi sei.
Oggi vorremmo rendervi partecipi di una riflessione nata
durante il pranzo.
Abbiamo preparato dei classici spaghetti al pomodoro (anche
perché gli scarsi mezzi ci impediscono di ambire a espressioni culinarie più
elaborate, sigh!).
Facevo notare a Amy che senza accorgermene ho iniziato a
mangiare gli spaghetti come fanno i giapponesi con i soba o con i ramen,
ovvero tirandone su un ciuffetto (nel loro caso con le bacchette) e
succhiandoli, invece di attorcigliarli intorno alla forchetta. In questo modo
il pasto si esaurisce più rapidamente perché si evita tutto il lavoro che si fa
usando la forchetta. Questa differenza è un punto di partenza per capire anche
il valore diverso che Giapponesi e Italiani danno al cibo e alla pausa-pranzo
(secondo le nostre osservazioni).
Amy mi ha giustamente fatto notare che anche il semplice
modo di mangiare (non solo COSA mangiare, ma il MODO) può essere una chiave di
lettura di un popolo.
Il pomeriggio, dopo lezione, spesso ci fermiamo in qualche
ristorantino a mangiare e ci dilettiamo ad osservare il comportamento dei
giapponesi e fare le nostre deduzioni sociologiche a riguardo (riteniamo faccia
parte del viaggio anche questo).
La più usuale delle immagini è quella di uomini soli che
entrano, ordinano, mangiano (rumorosamente) e scappano via nel giro di 10
minuti cronometrati. È raro vedere la stessa situazione al femminile (anche su
questo ci siamo interrogate, ma è un’altra storia).
Tutti hanno sempre una gran fretta, spesso schiacciati dagli
impegni di lavoro.
Sembra che il pasto non sia un piacere, ma un semplice rito
di sopravvivenza, e mentre noi assaporiamo ogni singolo chicco di riso, vediamo
decine di persone che mangiano distrattamente, leggendo il giornale o peggio
ancora stando attaccati ai loro cellulari tutto il tempo, ignorando quasi
totalmente la cordialità delle cameriere e spesso senza neanche salutare quando
vanno via.
Questo si ricollega alla nostra riflessione di oggi.
Per gli Italiani il momento del pasto è un momento di
riposo, di distacco dal lavoro o da qualsiasi altra attività. Inoltre è quasi
sempre un’occasione di aggregazione, durante cui ci si riunisce con la
famiglia, o un modo per incontrarsi con gli amici. Se si mangia soli è perché
si è costretti e non certo per estraniarsi dal mondo. Il momento del pranzo è
sacro, diventa una parte fondamentale della giornata e spesso ne scandisce i
ritmi. Ci si prende tutto il tempo che serve, si chiacchiera, si gusta il pasto
nella sua interezza (basta andare a mangiare da una qualsiasi nonna per capire
cosa intendo). Di conseguenza viene data molta importanza al cibo, al modo di cucinare
e ai tempi di preparazione. Anche il meno esperto sa che esiste il connubio
vino bianco-pesce/vino rosso-carne. Non vi è da stupirvi invece se un
giapponese, dopo aver scrutato attentamente la carta dei vini, decida di
deliziarsi con un bicchiere di Chardonnay
accompagnandolo a un piatto di patatine fritte e ketchup. Roba da rimanerci
tra il basito e l’inorridito. Ma tant’è.
Sia chiaro, non vogliamo fare un discorso sulla qualità del
cibo. Adoriamo la cucina giapponese. Il discorso mirava a puntualizzare il
diverso valore dato al cibo. Tutto il resto dipende ovviamente da un’ovvia
divergenza di gusti tra culture così diverse.
Un discorso a parte va fatto per le famiglie che escono a
mangiare insieme. C’è una differenza ancor più abissale.
In Italia se si entra in una pizzeria il sabato sera intorno
alle 9, se ne uscirà storditi: bambini che corrono intorno ai tavoli, mamme che
gridano intimando loro di stare buoni ma senza successo, altri bambini che
piangono, forchette che cadono, vociare continuo. Il quadretto è più o meno
questo.
In Giappone invece pare facciano il gioco del silenzio. Sono
seduti intorno allo stesso tavolo, ma è come se fossero estranei. Tutti con la
testa china sul cellulare o intenti a guardare il niente, persi in un mutismo
imbarazzante. Non si comunica, né tra genitori e figli, né tra genitori stessi.
Sembrano totalmente alienati.
Se invece si va in un izakaya,
un pub, la situazione sarà capovolta. I salary
men appena usciti da lavoro si daranno al divertimento alcolico coi
colleghi durante presunte “cene di lavoro”. Risultato: alle 10 di sera sono già
tutti k.o. Reggere l’alcol non è certamente il loro punto forte.
I Giapponesi ci danno sempre più l'idea di essere un popolo bizzarro e mooolto contraddittorio per certi versi.
lunedì 11 giugno 2012
"Ma tanto c'è il wi-fi ovunque!"
Chi ha detto che il Giappone è il Paese della tecnologia?
Non abbiamo mai avuto così tanti problemi con internet in
vita nostra!
“C’è il wi-fi dappertutto!” Ma neanche per sogno! abbiamo girato come cani randagi in cerca di cibo per una settimana tra caffetterie e luoghi pubblici vari per scroccare la rete da qualche parte, ma alla nostra domanda "si può usare il wi-fi?" la risposta è sempre stata una sola: ない! Ovvero "non c'è".
Ecco che ci ritroviamo senza contatti col mondo in attesa
che la connessione abbia pietà di noi e torni a farci compagnia.
Al disgraziato evento si aggiunge anche la nostra mancanza
di altri mezzi tecnologici per comunicare col mondo o almeno far sapere che
siamo vive. Niente cellulari di ultima generazione con cui connetterci a internet
all’occorrenza (ci piacciono così tanto i tasti e i vecchi modelli arcaici che non ci siamo volute arrendere al touch screen e tutte le altre diavolerie di cui non sappiamo neanche il nome).
Morale della favola: scrocchiamo la rete da scuola e siamo diventate campionesse mondiali di Solitario e simili.
Ecco il motivo per cui il blog ultimamente piange e non ci
sono stati nuovi post.
In breve e in attesa di una connessione più stabile, ecco le
ultime notizie dal Giappone:
-è ufficialmente cominciata la stagione delle piogge, per la
gioia delle nostre scarpe e dei miei capelli. Di mattina splende il sole,
appena due ore dopo c’è bisogno di sciarpa e ombrello. Quando torniamo non
vogliamo sentire italiani che si lamentano del troppo caldo. Non sapete che
daremmo per goderci una giornata spaparanzate sull’erba di un parco.
-la nostra RUMOROSA vicina di stanza cammina ogni giorno di
più sul filo del rasoio, la nostra pazienza si sta esaurendo e la mia ira
funesta si farà presto sentire se non la smette di ragliare ogni notte fino
alle 3.
-le lezioni stanno finalmente volgendo al termine. Ci sentiamo
come i ragazzini delle scuole medie che vedono con profonda felicità l’arrivo
di Giugno. Il fatto è che questi tre mesi di lezioni sono stati più intensi di
un intero anno di università. La ragione sta nella struttura dei corsi: si assicurano
che studi quotidianamente, proponendo test strategici ogni settimana per
verificare determinate parti di programma. E poi ci sono il kanji tesuto e il
dettato ogni mattina in modo che lasciare indietro un argomento diventi cosa
impossibile. C’è anche da dire che i professori son sempre lì a chiederti ogni
pelo della tua vita, annotando dettagliatamente ogni particolare. Se un giorno
si manca a lezione, bisognerà inventarsi qualche buona ragione perché il giorno
dopo arriverà sempre la domanda “come mai non eri a scuola ieri?”. Il semplice “mi
sono svegliato tardi” oltre che poco gentile sarebbe anche inconcepibile per
questo popolo di stacanovisti cronici.
Di cose ce ne sarebbero da dire tante, ma per il momento mi
fermo qua, con la speranza di poter riaggiornare il più presto possibile.
Adesso ci attende una nuova entusiasmante lezione (per chi ne
fosse a conoscenza, l’argomento del giorno è il CAUSATIVO. Urla di giubilo da
questa parte di globo!)
PS: Oggi è il compleanno di Amy e quindi 誕生日おめでとう!!!
Per l’occorrenza è previsto un party con molti invitati. Vi aggiorneremo anche
su questo :D
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