I nostri futon

I nostri futon

lunedì 23 aprile 2012

Settimana 2: la solitudine degli starnuti evitati

Col sottofondo delle colonne sonore dei film di Miyazaki (e altro intrattenimento sonoro minuziosamente scelto da Amy che in preda ad un attacco nostalgico è voluta tornare all'infanzia), mi accingo ad aggiornare il blog.

Sono passati ormai 20 giorni dal nostro arrivo a Tokyo e le sensazioni iniziali stanno lasciando posto a un graduale abituarci ai ritmi della metropoli. Iniziamo a trovare meno strani i comportamenti giapponesi e guardare tutto con un sorriso, anche se molti punti interrogativi permangono.

La settimana è volata tra lezioni, giri improvvisati a Shibuya (primo caffè VERO e BUONO dopo 20 giorni di astinenza che, per una coffee-addicted poco incline alla guarigione quale la sottoscritta, sono davvero troppi) e malanni passeggeri dovuti allo sbalzo termico tra ambienti interni e gelo esterno. Infatti:

1) Arrivate ad Aprile ci aspettavamo di trovare una Primavera andante, non un ritorno a cielo grigio, umidità perenne, pioggia fine e triste inverno, come se fossimo intrappolate in una Londra d'Estremo Oriente.
2) I Giapponesi dovrebbero imparare a regolare bene i termostati, perché si passa dai 50 gradi di negozi, bar e luoghi chiusi in generale al freddo umido esterno.

Per farla breve, anche soggetti poco cagionevoli come noi sono stati accalappiati da tosse e raffreddore estremi. La cosa sembra in effetti ininfluente e non si capirà il motivo per cui sto dedicando troppo tempo alla questione. Sveliamo l'arcano. La cosa mi serve come spunto per parlare di un'altra peculiare abitudine tutta giapponese. Infatti pare che qui starnutire in pubblico e soffiarsi il naso siano atti malvisti e da evitare. Chiedo perdono per l'argomento poco interessante e molto "terreno", ma il doversi adeguare a questa strana convenzione è per noi estremamente limitante a livello pratico nella vita quotidiana.
Come ovviano i Giapponesi al problema "raffreddore"? E' subito detto.
Sarà a tutti nota la scena dei tanti omini che girano a proprio agio con la mascherina sul viso per evitare di intaccare germi indesiderati a interlocutori o vicini di metro. Nei negozi si trovano mascherine di tutti i tipi, da quelle semplici di un banale bianco a quelle colorate e decorate con cuoricini, stelline, farfalline, fiocchetti, coniglietti, gufetti e qualsiasi altra cosa di - passatemelo - opinabile gusto estetico, che possa attirare uno stridulo kawaii all'occorrenza. Per loro è quasi la normalità, e sono arrivata a chiedermi: è reale necessità, rispetto verso il prossimo o semplice ipocondria?
Qualsiasi sia la risposta, noi stiamo ancora cercando di trovare un modo per non sentirci così in imbarazzo per un misero e innocuo starnuto. Stay tuned per aggiornamenti :)

Arrivata finalmente la domenica, ci siamo concesse la nostra gitarella settimanale alla scoperta dei vari quartieri di Tokyo. Questa settimana è stato il turno di Asakusa. Asakusa è uno dei quartieri che finora ci è piaciuti di più. E' molto diverso dal caotico e modernissimo centro città e qui si può avere un assaggio per qualche istante del Giappone più tradizionale, quello che a Tokyo non ci si aspetterebbe di trovare ma che invece è ancora ben annidato nei villaggi e nelle città più piccole.
Abbiamo avuto modo di vedere donne in kimono e di respirare un'aria più tranquilla e pacata, passeggiando all'interno del più antico tempio buddhista di Tokyo. Il kaminarimon ci ha accolte insieme alla sua lanterna gigante (che, grazie al nostro amico giapponese Aki, abbiamo scoperto essere firmata nientepopodimenoche dal signor Panasonic - incongruenze di questo bislacco Giappone).


Oltrepassato il kaminarimon, si apre di fronte a noi una strada costeggiata dalle bancarelle più disparate che vendono vestiti e scarpe tradizionali, ventagli, bacchette, stampe, cibo e dolci tipici. Non si sa dove guardare per la varietà di articoli che ci fanno impazzire, e mettere mano al portafoglio non è affatto difficile. Infatti ne abbiamo approfittato per fare qualche acquisto en passant.

Arrivata ora di pranzo, abbiamo finalmente provato l'okonomiyaki e, come da programma, ce ne siamo innamorate!
Di cosa si tratta? In soldoni, è un impasto fatto di uova, farina e pezzi di cavolo a cui vengono aggiunti carne o pesce a piacimento, zenzero rosso e altre verdurine. Il tutto viene riversato su una piastra posta al centro del tavolo e cotto come se fosse una frittata. A fine cottura si guarnisce con salse varie, pesce essiccato e alghe sminuzzate. Restare insoddisfatti è impossibile! Infatti anche adesso che è ormai l'1.21 locale, se ci venisse offerto, non credo rinunceremmo!
Purtroppo però, lasciamo questo soave pensiero per costringerci a dormire, perché domani mattina ci aspetta il difficile risveglio, il tentativo di abbandonare il caldo e accogliente futon, il ripasso dei kanji e il viaggio verso la scuola.
Per cui みなさんお休みなさい! (Buona notte a tutti!)

lunedì 16 aprile 2012

Settimana 1: Approdo e Adattamento.

Konnichiwa!
Iniziamo salutando tutti dal nostro stimatissimo futon. Che cos'è un futon? Per chi non ne fosse a conoscenza, trattasi del tipico letto giapponese, posizionato direttamente sul pavimento.
Spieghiamo subito il titolo del blog; qui in Giappone viviamo in una simpatica casetta a due passi da Shinjuku. La nostra camera non ha nessun oggetto d'arredo fatta eccezione per due sedie, due tavolini (ma davvero -ini) e ovviamente i nostri preziosissimi futon. Per questo, quando siamo in casa, la maggior parte del nostro tempo lo passiamo qui ed è sempre qui che prendono vita le nostre riflessioni quotidiane su ciò che abbiamo visto o fatto nel corso della giornata. Per cui quando leggerete gli aggiornamenti di questo blog, immaginateci distese sul nostro bel materassino a picchiettare sulla tastiera del pc.

Dopo l'incipit esplicativo, passiamo al racconto vero e proprio di questa prima settimana nipponica.
Il modo migliore per definire l'impatto iniziale col Giappone è sicuramente "strano".
Occhi sbarrati a ogni angolo, nasi puntati all'insù per vedere dove finiscono questi immensi palazzoni svettanti verso il cielo, odori speciali per le strade, gente perennemente di corsa che ti mette fretta anche quando vorresti passeggiare tranquillamente.
Ciò che abbiamo capito durante questi primi giorni è che il Giappone è un Paese molto ambivalente e lo dimostra in tanti aspetti, più o meno incisivi, della vita quotidiana. Facciamo un esempio.
Se si entra nei treni della metropolitana non sarà raro percepire una situazione "ovattata", perché tutti sono in silenzio, evitano gli schiamazzi nel rispetto degli altri viaggiatori. Anche nei tipici ristorantini in cui si mangia al volo e spesso soli (aspetto che ci ha trasmesso un po' di tristezza), gli unici suoni che si sentono sono quelli delle bacchette poggiate sulle scodelle o del ramen che, per cultura, i Giapponesi mangiano molto rumorosamente. Tutto questo va ad opporsi al fragoroso mondo in superficie. Schermi giganti tartassano le teste dei passanti con la ripetizione alienante di canzoni pop, le commesse dei negozi "attaccano" letteralmente i clienti con i loro continui "irasshaimase!" fino a stordirli (almeno per quanto ci riguarda).
Il secondo fattore che ci ha fatto riflettere è il rapporto contrastato dei Giapponesi rispetto all'Occidente. Mentre camminiamo per strada cogliamo gli sguardi che, seppur fugaci e dimessi, sono sempre pronti a scrutarci perché siamo visibilmente delle non-giapponesi. Curiosità? Diffidenza? Una punta di disprezzo? Non lo sapremo mai. Tuttavia, camminando per le strade del centro non è difficile trovare giapponesi occidentalizzati in maniera estrema: capelli biondi, occhi chiari, dolci occhi a mandorla nascosti da trucco che disegna tratti non propriamente orientali. L'osservazione di questi strani personaggi (azzarderei definirli al limite del "grottesco") ci ha lasciato un po' sbigottite e con qualche perplessità.

Se si decide di visitare il Giappone, uno dei momenti migliori è certamente la Primavera. Il motivo principale sono i sakura. La fioritura e la conseguente sfioritura dei ciliegi si consuma nell'arco di pochissimi giorni, durante i quali si approfitta per organizzare hanami nei parchi che ospitano questi meravigliosi alberi. L'hanami consiste letteralmente nell'ammirare la sfioritura dei ciliegi, approfittando dell'occasione per bere, mangiare e divertirsi in compagnia. Anche noi abbiamo preso parte a questa bella tradizione nipponica partecipando ad un hanami che resta finora una delle migliori giornate trascorse a Tokyo. Sotto gli alberi di ciliegio i Giapponesi sembrano altre persone: il loro lato più serio e riservato lascia posto a toni più distesi e allegri. La parola d'ordine in questa occasione è divertirsi e i Giapponesi dimostrano di esserne degnamente in grado.

Queste sono solo alcuni degli aspetti che più ci hanno colpito del Giappone. Nel corso dei nostri tre mesi di permanenza avremo certamente modo di approfondirli e scoprire nuove particolarità del Paese del Sol Levante.
Nel frattempo... Oyasumi!